Oggi 18 settembre, mentre sono seduto su un autobus di notte penso alle tre settimane appena trascorse, ai 24 fusi orari attraversati in 14 giorni (6+9+9), 5 nazioni e tre continenti. 32767 chilometri di rotte aeree (1134*2 Roma – Dusseldorf, 9189 Roma – Shanghai, 9036 Shanghai – Vancouver, 1288 Vancouver – San Francisco, 9142 San Francisco – Lisbona 1844 Lisbona – Roma) ai 16 taxi (di cui tre diverse per raggiungere una stessa destinazione), due macchine a noleggio; dalle 11 alle 13 lingue diverse ascoltate, una birra tedesca bevuta insieme a una pizza Pinocchio gigante vera italiana cucinata da iraniani e una Pepsi come brindisi insieme a una tavolata di cinesi diversamente sobri oltre che un succo all’arancia che doveva essere un caffè (o viceversa, chi può dirlo) e un delizioso sidro Golden Gate in un ristorante messicano. Mi sono emozionato per un sorpasso dentro un taxi cinese come quando vedevo Boris Becker vincere il primo Wimbledon e ho gentilmente mandato via un venditore di orologi discutibilmente originali dopo che lo stesso mi ha proposto l’affare per la quarta volta in 8 minuti. Ho ordinato (no, “abbiamo” ordinato… no l’ho solo mangiata in realtà) un’altra pizza alle 3 di un mattino nebbioso in un albergo di Shanghai guardando uno streaming saltellante di un match di tennis che si svolgeva a 12 ore di fuso orario da me. Ma mai buona come quella di Piccolo Pizza a un angolo trafficato di San Francisco dove puoi, in giorni diversi 1) incontrare uno dei tuoi più cari amici italiani che vivono a Dublino, 2) assistere a un inseguimento della polizia con tanto di sirena e Mustang rosso fiammante 3) diventare Best customer in due giorni e farti offrire una maxi cola (tutto questo cercando di non farti sparare dai “fedelissimi” che popolano la città). E poi mi sono cullato nello stordimento da jet-lag parlando di geopolitica al 24esimo piano in una notte silenziosa di Shanghai.
Abbiamo gridato come pazzi dentro un taxi cinese guardando l’ultima gara di un campionato coinvolgendo l’autista nei festeggiamenti. Ammetto di avere urlato prima della linea d’arrivo, ma ero certo, ce l’avevamo fatta, sì, sì, sì!!!
Sono stato stalkerizzato da un vecchio americano di origine anconitana in coda all’aeroporto di Vancouver che voleva probabilmente raccontarmi tutta la trama di Moby Dick, ma non sono stato l’unico e questo mi ha confortato.Ho potuto constatare sul molo 39 (Pier 39) che i leoni marini, se fossero esseri umani, avrebbero già estinto la loro specie… a morsi! Ho visto un gentleman veneto contrattare con i cinesi in un fake market stile Matrix fino al sudore estremo, ma vincere, sempre, senza se e senza ma! Ho trovato un equilibrio tra l’entusiasmo spesso “unnecessary” degli americani e allo stesso modo “unnecessary” rudezza dei cinesi. Ho brindato alla salute di un fratello sul balcone affacciato sulla Skyline di Shanghai mentre le luci si spegnevano e percorso i corridoi del più antico hotel… la felicità va condivisa e quella sera l’abbiamo condivisa in quattro. Ho ammirato il tramonto sulle dune di Monterey, riso da pazzi raccontando la storia di una capra che mi perseguitava a 10 mila km da lì in una fattoria scozzese e cercato di sfuggire a l’ultima onda del ruggente oceano, ma non ci sono riuscito, con buona pace delle mie scarpe! Ho apprezzato la sincerità nel regalare un bottiglia di vino alla fine di una stagione trascorsa insieme e mi ha fatto battere il cuore. Ho visto tre tipi andare in giro con un bus giallo e rimorchiare due bionde giusto nel tempo di scendere dallo stesso (only in America, buddy). Mi sono sentito in colpa quando ho impugnato la racchetta di Rafa Nadal e mi piaceva più della Wilson di Federer – Roger perdonami… se puoi. Ho parlato davanti al Golden Gate con un canadese di origine cinese che era stato in Italia, mentre io ero stato in Canada il giorno prima dopo essere stato in Cina e poi boh, era già confusa così la cosa. Ho ascoltato, perplesso, un venditore di neon russo lamentarsi dall’immigrazione in America. Ho camminato per circa 230km e fatto oltre 300 mila passi per poter assistere a molte di queste cose, ma ne avrei fatti anche il doppio se fosse stato necessario. Ora ripenso al fatto che volevo raccontarvi qualcosa, ma sono troppo stanco e se non vi dispiace sarà per un’altra volta!